Tanto gentile e tanto onesta pare
“Tanto gentile e tanto onesta pare” è il titolo dal primo verso del sonetto di Dante Alighieri tratto dalla “Vita Nuova”
Che cos’è un sonetto?
Il sonetto è una composizione poetica che appartiene alla poesia lirica di stile elevato. Secondo gli studiosi, il padre del sonetto è stato Giacomo da Lentini, il quale ne ha definito la struttura in due quartine e due terzine, con versi endecasillabi, ossia di undici sillabe. Nel sonetto che stiamo analizzando, lo schema delle rime è il seguente: nelle quartine si evidenzia una rima incrociata (ABBA). Nelle due terzine le rime sono invertite: CDE – EDC.
Che cos’è la “Vita Nuova”?
La Vita Nuova costituisce la prima opera di Dante Alighieri (insieme alle Rime), scritta prima dell’esilio, in cui il giovane poeta tratta dell’amore in maniera stilnovistica. Nelle liriche gli stilnovisti considerano la donna una creatura angelica, strumento di salvezza e capace di portare un messaggio celeste. Questo amore spirituale si può trovare solo in un animo “gentile” ossia di nobile sentimenti, che esprime il suo fervore attraverso la lode.
La donna che Dante Alighieri amò e cantò con il nome di Beatrice ebbe una forte influenza sulla sua vita e sulla sua poesia. Si tratta di Beatrice Portinari, sostengono gli studiosi, che morì molto giovane a soli 24 anni.
La Vita Nuova, che Dante compose qualche tempo dopo la morte di Beatrice, ed è una raccolta di poesie collegate ad una narrazione in prosa, scritta per onorare la memoria di Beatrice, e raccontare la storia ideale del suo amore per lei.
Il titolo deriva dalla consapevolezza che l’incontro con Beatrice in giovane età, quando Dante aveva 9 anni, cambiò l’orientamento della sua vita.
Dante Alighieri e il Dolce Stil Novo
Dante fu un poeta stilnovista, anzi fu l’ideatore di questo termine. Secondo Dante, la donna, e in particolare Beatrice, è l’angelo che Dio ha mandato sulla terra perché gli uomini facciano esperienza diretta del Paradiso e si avvicinino maggiormente a Dio. Chi la guarda, allontana dal suo cuore ogni sentimento d’ira e prova una dolcezza che le parole umane non possono esprimere. Sappiamo, infatti, che la stessa Beatrice fu la guida di Dante nel Paradiso.
La lingua di Dante
Dante scrive alcune opere in latino ( De vulgari eloquentia, Epistole, Monarchia…), ma il suo capolavoro, La Divina Commedia, è scritta in volgare toscano e in particolare in volgare fiorentino. Tra il Duecento e il Trecento tre grandi scrittori, toscani di nascita, scrivono in quella lingua, creando straordinari modelli di poesia e di prosa in volgare. I tre scrittori sono Dante Alighieri, autore della Divina Commedia, Francesco Petrarca scrittore di poesie raccolte nel Canzoniere, Giovanni Boccaccio, autore del Decamerone, una raccolta di novelle. Gli scrittori delle altre regioni, affascinati da questi modelli così eccelsi, cominciarono a scrivere nella stessa lingua toscana e così gradatamente il fiorentino fu considerato non più un dialetto, ma la lingua comune degli Italiani.
Parafrasi
La mia donna, quando saluta qualcuno, appare dotata di così elevata cortesia, che ogni lingua , tremando, ammutolisce e gli occhi non osano guardarla.
Ella va, udendo le lodi delle persone, cortesemente atteggiata a modestia e gentilezza, e sembra che sia una creatura venuta dal cielo per testimoniare in terra un evento meraviglioso.
A chi la guarda, lei si mostra di tale bellezza, che attraverso gli occhi trasmette al cuore una dolcezza tale che non si può comprendere se non la si prova
e pare che dal suo volto emani un dolce impulso d’amore, che va dicendo all’anima: sospira.
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